Ristoranti, Stelle Michelin

Antica Corte Pallavicina: elogio della cucina bucolica

23 Luglio 2020
culatelli di maiale bianco

Polesine Parmense è un piccolo paese cullato dalla pace nell’alveo del Po, del Grande Fiume come viene chiamato da quelli parti. È un luogo idilliaco, in cui la natura è ancora artigiana delle ore, che scandisce i ritmi dell’uomo con fare benevolo e accoglie un ristorante in cui il mondo agricolo viene celebrato nella sua più nobile forma: l’Antica Corte Pallavicina.

Le terre del Maestro

Il silenzio che avvolge le terre del più grande musicista italiano, Giuseppe Verdi, è un aspetto sorprendente del territorio. Tutto, a Polesine Parmense, sembra essersi fermato nel tempo. Non un tempo immobile tuttavia, piuttosto uno scorrere delicato delle stagioni e delle ore, che rendono la frenesia cittadina un eco lontano. 

Le terre del Maestro sono vocate all’agricoltura e all’allevamento, in particolare dei maiali di razza Mora Romagnola o Borghesina, l’Animal per antonomasia. La figura del norcino, del masàlen, è idealizzata e presa come modello di lavoratore sapiente e attento. Non è un caso che, da 150 anni ormai, la famiglia Spigaroli sia strettamente legata a questa figura sacra, grazie al capostipite Carlo, norcino personale di Verdi, grandissimo amante di culatelli e prosciutti. 

In questo scenario bucolico, ammantato di storie agresti e antichi gesti, si erge l’Antica Corte Pallavicina. Un ristorante, che è anche Relais di lusso e polo culturale, custode dell’antico modo di vivere in campagna, dove i prodotti sono quelli che gli orti offrono e gli animali sono preziosi esemplari da allevare con cura per ricavarne il prodotto migliore. 

Imperdibile la visita al museo del culatello, il prodotto di punta del Polesine, e, immancabile, il passaggio nelle grotte di stagionatura, un’autentica gioielleria di salumi che lascia a bocca aperta e spinge a stimolare l’olfatto alla ricerca dei profumi che nebbia e umidità lasciano sui silenti culatelli lasciati a riposo.

Un menù che celebra il maiale

Il menù degustazione ha un punto di partenza ben definito, e non potrebbe essere altrimenti: il podio di culatelli di 18, 27 e 37 mesi di maiale bianco. Una verticale emozionante, in cui si comincia con note dolci per spingersi su vette più marcatamente sapide. Virtus in medio stat dicevano i Latini e il culatello da 27 mesi è il più bilanciato nel gusto e nella consistenza, morbida e dalla lunghissima persistenza. 

Il primo piatto è l’essenza stessa del territorio bagnato dalle acque del Grande Fiume: ravioli ripieni di gallinella, cotti in vescica con fonduta di Parmigiano Reggiano 12 anni e finta bottarga di Culatello. Le parole faticano a descrivere la bontà di un piatto che si regge solamente sui cardini della bassa Parmense: pasta sfoglia ripiena, Parmigiano e Culatello.

Lo chef Spigaroli ha abbracciato la sua terra, l’ha coccolata, l’ha studiata e l’ha intrisa di simbologia. I ravioli che cuociono lentamente nella vescica, rimanendo più tenaci, il Parmigiano sottoposto a lunga stagionatura che offre un pantheon di sapori e, infine, sua maestà il Culatello, elemento imprescindibile della vita stessa di questo territorio fecondo.  

ravioli cotti in vescica con fonduta di parmigiano e bottarga di culatello

La dimensione agreste è ben presente nei secondi, dove trova spazio uno degli animali da cortile più celebrati e amati. L’anatra viene proposta in due cotture: la coscia stufata e il petto leggermente rosato con pesche arrostite. Un connubio rustico e confortante, che permette di gustare un distico molto gustoso. 

petto e coscia d'anatra

Il maiale è una costante della vita di questo territorio e sul menù ritorna. Il filetto di suino nero aromatizzato all’artemisia, accompagnato da piccoli ortaggi glassati e affumicati su legno di pioppo è un piacere visivo e olfattivo primordiale. Il classico piatto della bassa, cucinato però con maestria da chef Spigaroli, che lo propone in singolar tenzone per farci apprezzare la bontà della carne suina, qui sempre trattata con estrema cura. 

filetto di suino nero all'artemisia

Il finale è un lontano ricordo di torta di carote con gelato alle noci e riduzione agli agrumi. Composizione destrutturata per un piatto che visivamente rompe con i precedenti, ma che resta nel solco della tradizione contadina, dove era pratica comune utilizzare verdura e frutta secca come ingredienti base per un dolce. 

torta di carote e riduzione agli agrumi

A sgrassare il palato e congedare l’esperienza stellata è il cremoso agli agrumi, meringa italiana e gelato al pompelmo rosa. Un dessert fresco, colorato e piacevolmente cremoso, con note spiccatamente dolci e agrumate che si rincorrono sulla lingua.

cremoso agli agrumi con gelato al pompelmo rosa

Piccole info sull’Antica Corte Pallavicina:

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