Fine Dining, Ristoranti

Grow Restaurant: il talento in crescita dei fratelli Vergine

2 Luglio 2021
grow restaurant ad albiate

Grow, crescita. Crescere in cucina significa molte cose. C’è la crescita tangibile dei lievitati, la crescita del gusto che si accosta a sapori nuovi, la crescita delle idee che si sviluppano e c’è la crescita della consapevolezza culinaria a tutto tondo. Il nome non poteva essere più azzeccato per il ristorante di Riccardo e Matteo Vergine, giovani talenti della ristorazione che nel loro Grow Restaurant fanno correre a mille la creatività.

Il ristorante sorge ad Albiate, tranquillo paesino della Brianza che, nella mente dinamica dei fratelli Vergine guarda alla cucina nordica e al mondo delle fermentazioni. Gli interni ricordano moltissimo i ristoranti di Copenaghen: minimalisti, con musica soffusa e tavoli in legno, senza nessun orpello che distolga il cliente dal fissare la sua mente su ciò che viene servito in tavola.

Per rendere ancora più accattivante la loro proposta gastronomica, Matteo e Riccardo hanno pensato ad un menù alla cieca, che può essere un azzardo, ma è perfetto per chi è trainato da una curiosità gastronomica che solo nell’ignoto si accontenta.

Giovani, ma con la testa sulle spalle e le idee ben chiare, Matteo e Riccardo hanno scelto di concentrarsi sui prodotti e produttori lombardi per il menù che abbiamo provato, un modo per omaggiare la nostra regione e i nostri grandi agricoltori che lavorano sodo e con amore.

pane e burro da grow

I misteri del menù creato da Matteo vengono rivelati in sala da Riccardo, perfetta guida del nostro viaggio di crescita al Grow e curatore di una cantina che nasconde delle gemme in attesa di essere rivelate a chi non solo si accontenta di bere bene, ma vuole essere stupito ad ogni sorso.

Abbiamo chiesto a Matteo un percorso al calice spinto, in cui si sentisse libero di osare con le proposte e ci ha accontentato alla grandissima. Ci siamo divertiti e stupiti bevendo alcune bottiglie che vengono lavorate con cura certosina sia prima che dopo essere arrivare al ristorante, per offrire nel bicchiere sensazioni rapsodiche.

Ad occhi bendati…si comincia

Il percorso ideato da Matteo Vergine comincia con una tartare di salmerino con finocchietto di montagna, completata da un’acqua di lago che richiama l’ambiente naturale del pesce. Un piatto puro e delicato, in cui è ben distinguibile la carnosità del salmerino.

tartare di salmerino

Con la seconda portata ci spostiamo in Oltrepò Pavese, condotti da un peperone di Voghera su un fondo di lavanda sottaceto. Accompagna il peperone la schita, una “piadina” tipica della cucina contadina, nella quale adagiamo il peperone per mangiarlo come fosse un taco. Piatto divertente, in cui la cultura contadina incontra lo street food in un abbraccio vivace.

peperone con kombucha di lavanda

Alza i giri del motore il petto di quaglia accompagnato da una salsa realizzato con cuore, uvetta, grappa e cacao. Affianco trova posto una tartare di quaglia con crauto fermentato per una proposta del volatile in due versioni. Il petto è straordinario, carnoso e con una crosticina croccante da leccarsi i baffi. Intingerlo nella salsa nobilita la sua consistenza, donandogli sfumature di sapore che rendono il boccone olistico.

petto di quaglia con salsa ai fegatini

Il percorso degustazione continua a salire con i mezzi sedani Senatore Cappelli mantecati nel garum di tinca su crema di asparagi. A completare il piatto tre diverse stagionature di bacche di gelso. Piatto che concettualmente ci fa impazzire, perché il garum, l’antico condimento dei Romani, è una mia fissa culinaria e trovarlo così ben utilizzato è sorprendente.

La pasta è tenace, perfetta; il garum porta tutto il suo carico di iodio e sapidità, mentre le bacche di gelso sono delle punte zuccherine. È il perfetto incontro tra la cucina italiana e il mondo delle fermentazioni.

pasta con garum di tinca e gelsi

Le montagne, metaforiche e non, arrivano con la trota salmonata cotta alla brace e leggermente affumicata, servita con una crema di mais e burro acido con polvere di salvia. È un piatto che celebra il lago di Garda e la catena montuosa che lo circonda, con la crema che richiama il ricordo della polenta rimestata nel paiolo. Accoppiata emozionale e perfettamente riuscita.

trota con salsa di mais e burro acido

È un pugno che arriva inaspettato il coniglio frollato al limone, accompagnato da limone fermentato e dalle interiora del coniglio stesso. In questo piatto i fratelli Vergine applicano il concetto del “dal naso alla coda”, lavorando l’animale nella sua interezza per minimizzare gli sprechi.

La portata più estrema di tutto il menù ha bisogno del suo tempo per essere assimilata dalle papille gustative, ma è concettualmente giusta all’interno di un percorso degustazione che punta alla sperimentazione e che si può permettere un excursus con cui tirar via il cliente dalla sua comfort zone.

coniglio frollato e le sue interiora

Dopo il piatto spiazzante che chiude il percorso salato, il dolce è una carezza che ristabilisce l’equilibrio. Omaggio alle Api è un gelato al fior di latte, con miele di castagno e acacia, polline e propoli, fiori e kombucha di fiori. Un dessert rinfrescante e goloso che pulisce il palato e lascia una piacevolissima sensazione zuccherina sulla lingua, omaggiando uno degli animali più importanti del nostro ecosistema.

gelato al fiordilatte e miele

Prezzi e considerazioni sul Grow Restaurant

I prezzi del Grow sono perfettamente inseriti nella media dei ristoranti fine dining. Il percorso degustazione da 7 portate costa 75 €, mentre il più piccolo da 5 portate viene proposto a 55 €. Bellissima la carta dei vini, con poche etichette ben selezionate, ma soprattutto corrispondenti alla proposta gastronomica.

I fratelli Vergine hanno un futuro splendente davanti a loro. Il legame di sangue che li lega in quanto fratelli si trasforma in una sintonia lavorativa che permette alla sala e alla cucina di correre sugli stessi binari, sperimentando ai fornelli ed in cantina, per proporre all’ospite la sintesi perfetta del lavoro di squadra.

Siamo stati coccolati in sala da Riccardo quanto in cucina da Matteo ed è meraviglioso osservare l’affiatamento di questi ragazzi e la loro dinamicità. Mangiare al Grow è divertente, curioso e, soprattutto, sostenibile. Il concetto gastronomico alla base del ristorante è molto nordico, ancora poco esplorato in Italia, e potenzialmente vincente per la cucina del futuro.

Il menù di Grow Restaurant parte da solidissime basi, ma può spingersi molto, molto più alto. La crescita è solo all’inizio e potrebbe diventare vertiginosa, osando dove il cielo è coperto di Stelle…rosse.

cucina del grow restaurant

Piccole info su Grow Restaurant:

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